Recensione di Agosto
Exit West di Mohsin Hamid, ovvero quando un romanzo è davvero necessario
(Exit West)
Che cosa significa emigrare? O ancora, al di là del significato immediato della parola, qual è il nucleo dell'esperienza di un migrante? Cosa deve abbandonare, a cosa rinuncia, cosa spera di trovare, qual è la motivazione che lo guida? Grazie ai mezzi d'informazione e a Internet abbiamo la possibilità di sbirciare ciò che accade in luoghi molto lontani da noi. Ma è un tipo di comunicazione che può essere possibile solo attraverso un processo di semplificazione delle notizie, a volte una semplificazione eccessiva. Per cui mi chiedo: cosa ci perdiamo o non concepiamo della complessa e sfaccettata esperienza che è l'emigrazione? Leggendo il breve romanzo di Mohsin Hamid ho intravisto una risposta. Molto, ci stiamo perdendo davvero molto.
Nadia e Saeed vivono in un paese non meglio definito del Medio Oriente. Si conoscono, si corteggiano, s'innamorano. Sono profondamente diversi: Saeed è calmo, timido, impacciato, ma nasconde dentro di sé un profondo attaccamento verso quella che è la sua cultura e la sua famiglia, anche se la fede religiosa non è solida come vorrebbe; Nadia invece, per non avere problemi, indossa gli abiti che dovrebbero portare tutte le donne in quel paese, ma è testardamente anticonvenzionale. Abita da sola, non prega, non indossa il velo, va in motorino, svolge una vita indipendente e disinibita. Nonostante tutte queste differenze, tra i due scoppia un affetto sincero, una stima e una vicinanza che si trasformerà in amore. Ma la situazione intorno a loro muta in fretta: una fazione di miliziani fondamentalisti scatenano una guerra civile, dapprima appena all'orizzonte, ma che pian piano si avvicina sempre di più divorando la città dei due giovani, prendendo un quartiere dopo l'altro, riempiendo l'aria di esplosioni e rendendo impossibili alcune azioni che prima venivano date per scontate. La possibilità di andare dove si vuole e quando si vuole, di comprare il cibo, avere l'elettricità, avere accesso ad Internet, essere al sicuro. Le certezze precipitano, la paura sale. Scene di inconcepibile violenza avvengono sempre più vicino a casa. In tutto questo c'è una remota possibilità di fuga: ci sono porte che conducono in altri luoghi e si stanno aprendo in giro per il mondo. I governi si affannano per controllarle e bloccare la fuga delle persone dai teatri di guerra, ma la disperazione umana è uno stimolo che vince su ogni barriera di chiusura. Nadia e Saeed lasceranno il loro paese e i loro affetti per andare altrove, nella speranza di una prospettiva migliore. E non hanno la minima idea di ciò che troveranno dall'altra parte.

Un altro punto importante di questo romanzo è ciò che ha ispirato a Hamid le porte che si trovano all'interno della storia. Un piccolo elemento di fantascienza che però nasce da qualcosa di molto concreto nella nostra vita di tutti i giorni: Internet. Le porte che appaiono nel libro sono riconducibili agli schermi degli smartphone, perché attraverso di essi Saeed e Nadia comunicano tra di loro e con il mondo, hanno notizie del loro paese, dei loro cari, cercano risposte per il loro futuro. La necessità di avere accesso ad Internet viene presentata alla pari con la necessità di nutrirsi e trovare un rifugio per fermarsi. L'informazione è conoscenza e salvezza, senza di essa non ci si muove nel mondo. E' ciò che in parte ti permette ancora di restare umano e di annullare le distanze, quando queste si fanno troppo dolorose. Exit West è un romanzo che fa una cosa, per riassumere: sensibilizza, apre la mente. Sarò ripetitiva, ma libri così servono. Serve la consapevolezza che quando si racconta una storia in realtà si sta raccontando molto di più. Servono autori che sanno raccontare il mondo, per quanto possa impressionare. Ma sappiatelo: è lo stimolo che serve per diventare persone migliori.
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