Recensione di Maggio

Il gioco di Ripper di Isabel Allende, ovvero riscoprire il piacere della lettura

(El juego de Ripper)

Di Isabel Allende avevo un caro ricordo: avevo letto la trilogia de "Le memorie di Aquila e Gianguaro" da ragazzina ed erano stati per me tra i libri più importanti della mia primissima adolescenza. Quei libri mi avevano cambiato il modo di vedere il mondo e li avrei portati nel cuore per il resto della vita. Dopo aver finito la saga, però, non avevo letto più niente di suo. La svolta è avvenuta nel Dicembre del 2013 quando in libreria compare l'ultima fatica dell'autrice cilena: Il gioco di Ripper, un giallo ambientato a San Francisco. La cosa m'intriga e il giorno di Natale me lo ritrovo finalmente tra le mani.


Amanda Martìn è una ragazzina fuori dal comune: possiede uno straordinario talento per le indagini criminali ed è solita organizzare un gioco di ruolo con alcuni amici sparsi in tutto il mondo con i quali inventa crimini efferati e lascia all'intelligenza e al talento di ognuno la risoluzione dei casi. Si tratta di un passatempo, un modo per sfogare la propria passione e sentirsi circondati da qualcuno che ti capisce. Ma qualcosa si muove vicino ad Amanda, nella sua città cominciano ad avvenire numerosi omicidi inspiegabili e bizzarri, tanto da mettere seria difficoltà la polizia locale, il cui capo è proprio il padre di Amanda. La ragazzina si butta nell'investigazione con lo stesso entusiasmo che mette nel gioco, ma presto capirà che la realtà è molto meno divertente dell'immaginazione...



Lo stile di Isabel Allende è sempre diretto, a tratti duro e senza sconti. E' riuscita a creare un giallo che funziona abbastanza, che ti trattiene fino alla fine con tutti gli indizi che saltano fuori mano mano. La vera maestria della scrittrice, però, è il ritmo. Ho trovato il romanzo piuttosto lento all'inizio, ma più va avanti più la storia precipita, sempre più veloce, sempre più trascinante e ti dà quasi la sensazione di cadere in un burrone. Non si torna indietro da un omicidio. Non si torna indietro se decidi di giocare con un serial killer, che tu sia più o meno conscio delle conseguenze. Questo è ciò di cui si rende conto Amanda, crescendo, aprendo gli occhi e scontrandosi violentemente con la realtà. Nonostante un finale che ho trovato un po' confuso, è un libro da leggere. Perché sebbene Isabel Allende non sia una scrittrice di gialli - e un po' si vede - è una scrittura di sofferenze umane. Come lei nessun altro sa rappresentare la sofferenza e la complessità che una persona, un personaggio, si porta dentro. Ad un certo punto è evidente che il giallo diventa di secondaria importanza, che il fine dell'autrice è un altro. Isabel Allende è una scrittrice potente che sa regalare molte emozioni a prescindere dal genere che decide di sviluppare. Mi ha ricordato quanto può essere bello scegliersi un libro, raggomitolarsi sotto le coperte ed immergersi in una storia fino a perdere la cognizione del tempo. E fidatevi che per me è stato un dono.


Io ringrazio tutti coloro che leggeranno e commenteranno questa recensione, a giugno uscirà la recensione di un altro libro francese, dopo quella di Pennac. E a luglio, finalmente un libro italiano, a cui tengo molto e su cui scriverò la tesi di laurea. Spero di avervi dato uno spunto di lettura, un abbraccio.

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